Il traffico di migranti lungo la rotta balcanica
Un recente rapporto sul traffico di persone e denaro nei Balcani occidentali, redatto dalla rete Global Initiative Against Transnational Organised Crime (GI-TOC), ha messo in luce la connivenza della polizia bosniaco-erzegovese coi trafficanti di migranti. Ce ne parla Anesa Agović, coordinatrice di GI-TOC per la Bosnia Erzegovina.
“Il traffico organizzato di migranti non può funzionare senza il coinvolgimento degli agenti della polizia di frontiera corrotti che consentono gli attraversamenti illegali. Inoltre, l’eccessiva frammentazione dell’assetto delle forze di polizia e l’inesistenza di un ministero dell’Interno competente su tutto il territorio nazionale contribuiscono a rendere più difficile la lotta alla corruzione in seno ai corpi di polizia in Bosnia Erzegovina”, spiega Anesa Agović, coordinatrice dei progetti realizzati in Bosnia Erzegovina dalla Global Initiative Against Transnational Organised Crime (GI-TOC), una rete internazionale di esperti che ha recentemente pubblicato un rapporto sui flussi di persone, stupefacenti e denaro nei Balcani occidentali.
Nel rapporto si afferma che elementi della polizia bosniaco-erzegovese collaborano con i trafficanti di migranti. Secondo gli autori, i trafficanti possono essere suddivisi in tre gruppi: i cosiddetti fixer che trasportano i migranti, i gatekeeper che gestiscono l’attraversamento dei confini, e i packcage dealer che organizzano il traffico di migranti.
“Dal nostro rapporto e da alcune ricerche basate su interviste con vari interlocutori, tra cui alcuni membri ed ex membri delle forze di polizia, emerge che la polizia intrattiene legami con trafficanti, più precisamente con i cosiddetti fixer”, spiega Anesa Agović.
I fixer sono persone, a volte organizzate in piccoli gruppi, che offrono ai migranti servizi di trasporto, oppure i camionisti che trasportano i migranti all’interno di un paese, ma raramente attraverso i confini nazionali.
“Tuttavia, l’attraversamento di uno o più confini, ad esempio dal Montenegro o dalla Serbia verso la Croazia, non sarebbe possibile senza i gatekeeper che collaborano con la popolazione locale. È difficile dire se i trafficanti che operano in Bosnia Erzegovina siano i fixer o i gatekeeper”, afferma Anesa Agović.
Nel rapporto della GI-TOC si legge che i fixers di solito trasportano i migranti con taxi abusivi o con camion, ma spesso anche suggeriscono ai migranti quale rotta intraprendere e dove trovare un alloggio sicuro, e li avvertono della presenza di pattuglie di polizia. Anche gli agenti delle forze dell’ordine e della polizia di frontiera spesso agiscono come fixer, accettando, in cambio di denaro, di non essere presenti in un determinato luogo in un momento preciso, oppure di aiutare i migranti ad attraversare illegalmente un confine.
I principali punti in cui avvengono gli attraversamenti illegali si trovano lungo i confini tra Grecia e Macedonia del Nord, tra Macedonia del Nord e Serbia, tra Serbia e Ungheria, e tra Croazia e Bosnia Erzegovina. “I gruppi criminali che operano in questi luoghi – si legge nel rapporto – sembrano essere composti da alcuni abitanti della zona, che conoscono bene il territorio e sanno come si muove la polizia, e da cittadini dei paesi di origine [della maggior parte] dei richiedenti asilo e migranti […] Questi gruppi corrispondono alla definizione di gruppi di criminalità organizzata […] Alcuni trafficanti sono ben equipaggiati e collegati con la polizia e con le guardie di frontiera”.
I cosiddetti gatekeeper sono coinvolti nel trasporto di migranti attraverso i confini e per questo “servizio” vengono pagati meglio rispetto ai fixer, mentre i packcage dealer organizzano e gestiscono il traffico di migranti, un’attività che richiede una pianificazione sofisticata, con una rete transnazionale di trafficanti che procurano ai migranti i documenti di viaggio e servizi di trasporto. Molti migranti arrivati in Grecia o in Turchia cercano di raggiungere l’Europa occidentale pagando ai packcage dealer alcune migliaia di euro, ma un viaggio di questo tipo può costare anche fino a 20mila euro a persona.
Secondo gli autori del rapporto, “le reti operanti in Turchia svolgono un ruolo importante nel traffico [di migranti]. Nel corso degli anni, la Turchia ha ospitato molti richiedenti asilo provenienti dalla Siria e dall’Iraq, che si sono spesso rivolti ai trafficanti turchi pagando tra i 6mila e i 20mila euro per raggiungere l’Europa occidentale attraversando la Grecia e poi la rotta balcanica”.
Nel rapporto si afferma inoltre che molti migranti si avventurano anche nel cosiddetto “game”: alcuni uomini si separano da un gruppo di migranti correndo verso il confine per distogliere l’attenzione della polizia, permettendo così agli altri membri del gruppo di attraversare il confine.
Balcani occidentali come punto di snodo di traffici illegali
“Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, ci sono tutti i presupposti per la diffusione della criminalità organizzata, e i trafficanti di esseri umani, compresi i trafficanti di migranti, possono solo lucrare dalla situazione in cui lo stato non riesce a far fronte alla crisi migratoria”, spiega Anesa Agović, aggiungendo che la pandemia non ha rallentato i flussi migratori attraverso i Balcani occidentali, anzi, nel 2020 ne è stato registrato un aumento.
“La crisi dei migranti non riguarda solo un cantone o un’entità, bensì l’intero paese, e proprio qui sta il problema: la situazione dei migranti non viene affrontata a livello centrale, e questo facilita ulteriormente le attività criminali”, afferma Agović.
Già negli anni Settanta – si legge inoltre nel rapporto – la rotta balcanica è diventata uno dei principali corridoi per il traffico di stupefacenti da Est verso Ovest, tornando alla ribalta nel 2015 quando circa 1,5 milioni di migranti e richiedenti asilo hanno attraversato i Balcani occidentali nel tentativo di raggiungere l’Europa occidentale. Secondo gli autori del rapporto, i principali punti di ingresso dei migranti nell’area dei Balcani occidentali si trovano in Macedonia del Nord e in Albania, mentre i principali punti di uscita sono situati lungo il confine croato-bosniaco e quello serbo-ungherese.
“La rotta che attraversa la Bosnia Erzegovina diretta verso la Croazia è percepita come porta d’ingresso dell’UE ed è per questo che il traffico di migranti è perlopiù concentrato in quell’area. Ci sono diversi metodi, dall’attraversamento dei valichi di frontiera a bordo dei veicoli a motore ai tentativi di attraversare il confine in alcune aree meno sorvegliate, al di fuori dei valichi”, spiega Anesa Agović.
Nonostante i numero di migranti e rifugiati che attraversano i Balcani occidentali sia diminuito rispetto al 2015, quando molti paesi europei hanno inasprito i controlli alle frontiere e innalzato barriere di filo spinato, i flussi migratori non si sono fermati perché non sono venute meno le ragioni che spingono molte persone a dirigersi verso l’Europa occidentale, tra cui le guerre in Siria, Afghanistan e Libia, l’instabilità dei paesi del Corno d’Africa e le disparità tra Nord e Sud del mondo. I trafficanti – come si afferma nel rapporto – hanno approfittato della chiusura dei confini, e man mano che la rotta attraverso la Grecia diventava sempre più difficile da percorrere, il flusso si è spostato verso i Balcani occidentali, sfociando in alcune zone, come la Krajina in Bosnia Erzegovina, in vere e proprie crisi umanitarie.
La maggior parte dei migranti e rifugiati che attraversano i Balcani occidentali proviene da Siria, Afghanistan, Pakistan, Iran, Iraq e Marocco, ma ci sono anche i migranti provenienti da alcuni paesi africani, come Algeria, Etiopia ed Eritrea, nonché i curdi provenienti dalla Turchia. La maggior parte dei migranti è di sesso maschile e ha un’età compresa tra i 15 e i 30 anni, mentre tra i richiedenti asilo prevalgono donne e bambini.
Gli autori del rapporto spiegano che la città di Salonicco è uno dei principali snodi per il traffico di migranti lungo la rotta balcanica, citando inoltre diversi punti di passaggio e vie percorse dai migranti che attraversano i Balcani occidentali.
Nella parte conclusiva del rapporto si afferma che il mercato del traffico di migranti nei Balcani occidentali raggiunge un volume di affari di circa 50 milioni di euro all’anno. Secondo Anesa Agović, una piccola parte di questa somma rimane in Bosnia Erzegovina.
“Un basso tenore di vita, la pessima situazione socio-economica e il dilagare della corruzione spingono i cittadini bosniaco-erzegovesi a sfruttare qualsiasi situazione per guadagnare. Tuttavia, secondo il rapporto, la maggior parte dei soldi guadagnati con il traffico di migranti non resta in Bosnia Erzegovina, e nemmeno in altri paesi dei Balcani occidentali, ed è chiaro che da questa crisi migratoria non hanno tratto profitto solo le organizzazioni criminali, ma anche certi individui. Ci sono stati casi in cui nel cantone Una Sana alcune persone hanno guadagnato in un solo giorno diverse migliaia di euro, affittando camere o trasportando i migranti, e non hanno mai dichiarato quei soldi né tanto meno hanno pagato alcuna tassa, contribuendo così al dilagare dell’economia grigia”, afferma Anesa Agović.
“È molto difficile rintracciare il denaro che non è stato dichiarato, come dimostra il caso riguardante l’affitto delle camere. Come abbiamo sottolineato nel rapporto, i trafficanti spesso utilizzano il sistema hawala, che rende particolarmente difficile seguire il flusso di denaro, perché comprende diversi meccanismi informali di trasferimento del denaro, che non implicano necessariamente un movimento fisico del contante. In pratica ciò significa che se dovete ricevere denaro dall’estero, ma non potete accedere al vostro conto bancario o siete sprovvisti di un documento di identità, potete autorizzare un’altra persona a ricevere il denaro che vi viene mandato. Così quel denaro non può essere legato direttamente al beneficiario finale della transazione”, spiega Agović.
Secondo stime approssimative, nel 2020 il traffico di migranti nei punti di ingresso ai Balcani occidentali ha generato un fatturato tra 20 e 28 milioni di euro, mentre il traffico nei punti di uscita ha raggiunto un fatturato tra 14,4 e 21,4 milioni di euro.
* Osservatorio Balcani Caucaso, 03/06/2021
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